Quando la lotta è di tutti per tutti, / il tuo padrone, vedrai, cederà;
/ se invece vince è perchè i crumiri / gli dan la forza che lui non ha (Ivan Della Mea, O cara moglie)
Fonte: il manifesto
NESSUNO TI FA MORTO
di Luca Fazio
17 giugno 2009
La sinistra che non si ritrova più ha salutato per l’ultima volta Ivan Della Mea. Ieri a Milano.
Probabilmente non la voleva così, proprio lì, tutta per lui, o forse
sì, tanto gli dispiaceva la sinistra unita che ormai non c’è più. Tutta
attorno a una bara, come nelle foto in bianco e nero dei funerali
politici di una volta, senza fiato per il caldo, per il dolore e per i
ricordi che affiorano. Proprio la sua bara, avvolta da fiori non solo
rossi e da una bandiera tutta rossa, accompagnata da una arcobaleno e
corretta da un’altra tutta nera come gli anarchici (era un
anarcomunista, o un comunarchico, per non fare torto a nessuno).
Avrebbe
dovuto raccontarlo lui il suo funerale, per restituire all’evento
qualche nota vitale di sana incazzatura, pura poetica in dialetto
milanese. Ivan Della Mea aveva appena scritto del funerale di un suo
amico, il Ricca, un giocatore di carte, e lo aveva fatto per il
manifesto pochi giorni fa, il suo ultimo pezzo per noi. Era un’altra
bara all’Arci Corvetto, che ancora oggi è il suo rifugio, anche se
ultimamente lo scriveva imperfetto, «l’Arcicorvettocheincormistava, ora
mi sta un po’ meno frequentato com’è da una maggioranza di berluscazzi
e leghisti». Non è vero, un po’ esagerava, ma Della Mea non era certo
uno che le mandava a dire, soprattutto agli amici. Al funerale di
Ricca, alla fine, qualcuno alzò il pugno. «Epperò quel pugno alzato nel
saluto – scrisse Ivan – un significato deve avercelo. Ce l’ha: quando
muore un comunista».
Mille persone ieri mattina hanno alzato il
pugno chiuso, c’era tutta la sinistra istituzionale milanese (compresa
la più o meno sinistra) e quella che una volta si sarebbe detta
«antagonista», anche se gli anni passano per tutti. Hanno ascoltato le
sue musiche. Hanno cantato e si sono stretti intorno a lui e ai suoi
familiari (la compagna Clara , i due figli) come non sono più abituati
a fare, in un salone spoglio addobbato con le bandiere partigiane e
della Camera del Lavoro. «Ho rivisto collezionisti di sconfitte», ha
scritto senza cattiveria un bravo giornalista solo per dire che le
belle persone rimangono tali anche se perdenti, perché continuano a
riconoscere dove stanno lo sfruttamento e l’ingiustizia.
I suoi
amici più cari hanno preso anche la parola, come aveva chiesto Ivan,
che era malato da tempo, solo per ricordarlo con misura e senza
strafare. Giovanna Marini, commossa, lo ha ricordato per dire delle sue
ultime richieste, «se muoio, non mi fare un commento funebre e
soprattutto non mi cantare». Se qualcuno ti fa morto, cantava Della Mea, è perché non credono più alle tue idee. (leggi tutto)