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Lettera aperta sull’arresto dei tre di Briançon

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Lo scorso 21 aprile i militanti di un gruppuscolo neo-fascista e suprematista hanno inscenato un’operazione di “blocco delle frontiere” tra la Francia e l’Italia.

Il giorno dopo, un gruppo di abitanti delle valli vicine, impegnati nella solidarietà concreta con i migranti in transito, attraversano simbolicamente la frontiera insieme a una cinquantina di migranti e arrivano senza alcun problema fino a Briancon, dove la gendarmerie francese effettua sei fermi di polizia in maniera completamente arbitraria.

L’accusa del procuratore è semplice quanto brutale nella sua chiarezza: aiuto all’immigrazione illegale con l’aggravante di aver compiuto il fatto in maniera collettiva (“en bande organisée”).
Per tre dei fermati Eleonora, Théo e Bastien viene convalidato l’arresto, con detenzione in carcere fino all’inizio del processo che si svolgerà il 31 maggio nella cittadina di Gap. Rischiano fino a 10 anni di prigione e 750’000 euro di multa.

Noi siamo e ci sentiamo tutti gente di montagna, accompagniamo da secoli chi deve oltrepassare le frontiere per mettersi in salvo. Le montagne ci aiutano con i loro sentieri innumerevoli. Continueremo a farlo. Rivendichiamo come legittimo il nostro aiuto. Dichiariamo illegittima la legge che ci incrimina, perché contraria alla fraternità. Come in mare così in terra: dichiariamo che proseguiremo a soccorrere chi ha bisogno dei nostri sentieri.

Non esistono i clandestini. Esistono ospiti di passaggio sulle nostre montagne.

Per aderire: firmaperitre@gmail.com

(Elenco in corso di aggiornamento)

Sottoscritta tra gli altri da Erri De Luca, Andrea Segre, Fiorella Mannoia, ZeroCalcare, Nicoletta Dosio, Alex Zanotelli, Alessandro Santoro, Marco Aime, Franco Berardi Bifo, Domenico Lucano, Mauro Biani, Haidi Gaggio , Alain Badiou, Etienne Balibar, Jean Ziegler, Jacques Gaillot, Cédric Herrou

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Ce 21 avril les militants d’un groupuscule néo-fasciste et suprémaciste, ont mis en scène une opération de “blocage des frontières” entre la France et l’Italie largement médiatisée.

Le lendemain, un groupe d’habitants des vallées frontalières, engagés dans la solidarité concrète avec les migrants transitant dans cette région, traversent symboliquement la frontière sans aucun problème de Clavière jusqu’à Briançon, où la gendarmerie française effectue 6 interpellations complètement arbitraires.

L’accusation du procureur est aussi simple que brutale dans sa clarté : aide à l’immigration illégale avec  l’aggravante d’avoir commis les faits de manière collective (“en bande organisée”). Pour 3 des personnes, la garde-à-vue se transforme en prison préventive jusqu’au début du procès qui aura lieu le 31 mai à Gap. Ils risquent jusqu’à 10 ans de prison et 750 000 € d’amende.


Nous sommes et nous nous sentons tous des montagnards, nous accompagnons depuis des siècles ceux qui doivent traverser la frontière pour se mettre à l’abri. Les montagnes et leurs innombrables sentiers nous aident. 

Nous continuerons à le faire. Nous revendiquons notre aide comme légitime. Nous déclarons illégitime la loi qui nous incrimine, parce que contraire à la fraternité. En mer comme sur terre: nous déclarons que nous continuerons à secourir ceux qui ont besoin de nos sentiers.

Personne n’est clandestin. Dans nos montagnes, il n’y a que des hôtes de passage.

Pour adhérer : firmaperitre@gmail.com

(Liste ci-dessous en cours de mise à jour)

 

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Foto della Manifestazione del 22 aprile a Claviere-Monginevro in solidarietà ai migranti.

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Fonte: firmaperitre.blogspot.it

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Meglio che muoiano!

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di Pio Russo Krauss

Il 18 marzo a Monginevro (1900 metri di altezza) un uomo, una donna all’8° mese di gravidanza e due bambini (due e quattro anni), stremati camminano nella neve per cercare di attraversare il confine. Una guida alpina francese li vede, li soccorre e li porta all’ospedale.

La guida ha obbedito ad un imperativo morale antico come l’uomo “Aiutare chi è in pericolo”, basato sulla semplice considerazione che tutti possiamo trovarci in pericolo. Nelle legislazioni questo principio di fraternità e di buon senso si è concretizzato in un reato, l’omissione di soccorso, che in Italia è punito con un massimo di 3 anni di carcere e in Francia di 5. Se la guida alpina non avesse soccorso quelle persone poteva rischiare 5 anni di carcere.

Ma così era fino a qualche anno fa. Oggi la priorità non è obbedire alla legge morale, non è salvare un bambino che sta per nascere e la donna che sta per partorirlo, non è aiutare un bambino di 4 anni che da ore cammina nella neve e nemmeno il suo fratellino di 2 anni e il padre che, mentre cammina nella neve, tiene in braccio da ore. La priorità oggi è tenere lontano i migranti, cioè quei poveri e disperati che fuggono da guerre, da regimi crudeli, da terroristi o dalla povertà.

La guida alpina francese è stata condotta in gendarmeria e rischia 5 anni di carcere per aver violato le leggi sull’immigrazione. Il messaggio è chiaro: meglio che muoiano che arrivino da noi.

In Italia un episodio simile.

Il 15 marzo l’ONG ProActiva Open Arms su richiesta della Marina Italiana interviene per salvare un’imbarcazione alla deriva con oltre 200 migranti, alcuni sono in evidente stato di denutrizione e disidratazione, un neonato è in gravissime condizioni. L’imbarcazione si trova a 73 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali sotto la responsabilità dell’Italia per eventuali soccorsi in mare, cioè è una zona SAR (Ricerca e Soccorso) italiana secondo l’IMO (International Maritime Organization). Sopraggiunge una motovedetta libica che ingiunge di trasferire le persone salvate sulla loro nave (richiesta totalmente illegittima) [1]. L’ONG rifiuta e i suoi operatori sono minacciati di morte dai libici (Dateci i migranti che avete recuperato, altrimenti spariamo”) [2]. Momenti drammatici, il comandante della nave parla col Comando italiano che comunica che il coordinamento delle operazioni è stato affidato alla Libia, cosa contraria al diritto internazionale marittimo perché la Libia non ha alcun riconoscimento in tal senso dall’IMO e non è un “luogo sicuro” per quelle persone. I Libici, vista la fermezza dell’OpenArms desistono. L’ONG chiede all’Italia di comunicare il “luogo sicuro più vicino” in cui trasferire le 216 persone soccorse (157 uomini, 31 donne e 28 bambini). Il Comando italiano, malgrado le Convenzioni firmate dicano che il Governo responsabile per la regione SAR in cui sono stati recuperati i sopravvissuti è responsabile di fornire un luogo sicuro”, non risponde. L’ONG avverte che il neonato è in gravissime condizioni e l’Italia dice di contattare Malta, cosa che l’ONG fa. Un’imbarcazione maltese preleva il bimbo e la madre. La nave continua a chiedere di avere indicazioni sul “luogo sicuro” dove sbarcare le persone soccorse. Arriva allora questa comunicazione “Potete sbarcare in un porto italiano solo quando verrà chiesta l’autorizzazione dal Governo spagnolo, dato che battete bandiera spagnola”. La richiesta è del tutto nuova per l’ONG spagnola che negli ultimi 3 anni ha tratto in salvo 27.000 persone e che solo 4 giorni prima ha portato al porto di Pozzallo 92 migranti, tra cui molti denutriti (uno di loro, un eritreo di 22 anni che fuggiva dalla crudele dittatura di Aferwerki e da un campo di concentramento libico, morirà di fame poche ore dopo lo sbarco). L’ONG comunica il gravissimo stato di alcuni migranti e l’urgenza che siano ricoverati in ospedale. Le autorità italiane aspetteranno oltre 24 ore per dare l’autorizzazione: il porto di Pozzallo.

La nave arriva di sera, ma non viene data l’autorizzazione all’attracco, che avverrà solo il mattino dopo. 6 persone sono ricoverate d’urgenza, il comandante e il responsabile della missione sono fermati e interrogati per 6 ore, tutto il personale della nave è in stato di fermo giudiziario, la nave sequestrata [3].

Anche qui il messaggio è chiaro: purché non arrivino in Italia meglio che muoiano, in mare (sembra che l’intervento della motovedetta libica abbia reso impossibile il salvataggio di alcuni naufraghi), nei lager libici, di fame.

Giustamente il presidente dell’OpenArms ha dichiarato “La solidarietà è diventata un crimine”. Un crimine che l’Italia, con questo episodio, vuole combattere anche non rispettando trattati e convenzioni che ha sottoscritto.

Nel corso di questi ultimi anni e mesi abbiamo assistito all’abbandono dell’operazione Mare Nostrum che ha decuplicato il rischio di morte in mare di chi fugge da guerre, dittature e dalla fame; agli accordi con Sarraj e con i trafficanti libici affinché non facciano partire gli esuli, i profughi e i migranti economici, trattenendoli in campi di concentramento; alle calunnie contro le ONG “taxi del mare”; al decreto Minniti contro i senzatetto e gli extracomunitari; a imposizioni senza senso (ad esempio l’obbligo di personale armato) contro le ong che collaborano per il soccorso in mare (imposizioni che hanno ridotto ad un terzo le navi impegnate); ad una continua propaganda d’odio verso gli stranieri accusati di essere criminali, di essere causa della crisi economica, di islamizzare l’Italia, di portare malattie (anche se i dati dimostrano che sono tutte notizie false); al risorgere del razzismo e alla nascita di partiti xenofobi. Ora si vuole criminalizzare chi ancora ha sentimenti di pietà e di fraternità, chi pensa che la solidarietà e la giustizia siano valori da cui scaturiscono scelte e azioni concrete.

Molte persone, attraverso slogan come “prima gli italiani”, “prima i francesi” o “prima i veneti” sono stati convinti che la causa dei loro problemi e del loro disagio sono chi sta peggio di loro. Non sono gli “stranieri” la causa dei nostri problemi, della povertà, della disoccupazione, della precarietà e del degrado. Lo sono persone e gruppi di potere dello stesso nostro continente, nazione, regione. Lo è il 10% più ricco che detiene il 54,7% della ricchezza [3], lo sono quei politici che hanno diminuito le tasse ai ricchi e tolto servizi e diritti ai cittadini, aumentando le disuguaglianze (nel 2010 il 10% più ricco possedeva solo il 45% della ricchezza oggi il 54,7%, negli ultimi 3 anni i poveri assoluti sono aumentati di 700.000 unità) [4]. Lo è chi specula in borsa facendo andare in fumo posti di lavoro e risparmi arricchendosi senza produrre niente.

Prima io, poi gli altri” è il principio della barbarie, lo slogan “Muoiano i deboli” è quello fatto proprio dal nazismo.

La civiltà è nata quando l’uomo ha riconosciuto nell’altro uomo un proprio simile, un proprio fratello e ha fatto propri imperativi morali “Aiuterai chi è in difficoltà, darai da mangiare a chi ha fame e a bere a chi ha sete, vestirai chi è senza vestiti e accoglierai lo straniero, perché anche tu potrai trovarti in difficoltà, avere fame, sete, essere ignudo e perché anche tu potrai essere straniero”.

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Fonte: Il Giardino di Marco

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Note:

  1. Per un’illustrazione delle normative sul soccorso in mare si vedano:

    www.unhcr.it/wp-content/uploads/2015/12/Soccorso_in_Mare.pdf e www.mediterraneocronaca.it/2018/02/02/nuova-operazione-di-frontex-themis;

  2. Si veda il video www.youtube.com/watch?v=G4JQuWEipK0;

        3.  Sul caso si leggano gli articoli pubblicati su Vita – www.vita.it.

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I nostri acquisti restano prima di tutto un atto politico | Un mese senza supermercati!

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Un mese senza supermercati

di mrmondialisation.org

Proprio nello stesso periodo in cui i supermercati e i grandi magazzini sono stati regolarmente sotto il fuoco delle critiche in questi ultimi mesi, soprattutto perché il loro modello economico soffoca i produttori, una iniziativa svizzera, ”Febbraio senza supermercati” sostenuta da En Vert et contre Tout incontra un bel successo mediatico e popolare, sia fra i nostri vicini elvetici che in Francia.

Son già diversi anni che personalità e gruppi locali chiamano a rinunciare ai supermercati. La sfida “Febbraio senza supermercati”, sostenuta e mediatizzato da En Vert et Contre Tout in partenariato con ArboLife, è stata lanciata perché l’idea prenda una dimensione collettiva più globale. Sperimentata nel 2017 e ripetuta quest’anno, conosce un successo sempre più grande. La parola d’ordine, alla quale cittadini e cittadine della Svizzera e della Francia sono chiamati a unirsi in maniera volontaria ai gruppi locali, è un invito a riflettere sui nostri consumi quotidiani ed eventualmente a orientarli verso i prodotti locali, per sostenere un altro modello economico e sociale. E anche molto semplicemente a scoprire che è davvero possibile fare a meno del supermercato senza per questo rovinarsi.

Quando consumare diventa un atto politico

L’obiettivo principale di questa sfida è d’interrogarsi collettivamente e individualmente a proposito del modello economico che desideriamo sostenere attraverso i nostri acquisti, affinché le nostre spese possano trasformarsi in un atto politico. Gli individui passano così dallo statuto di “consumatori” a quello di “consum-attori” come ci spiega Leïla Rölli di EnVert et Contre Tout. In questo contesto, si tratta, secondo l’appello, di “incoraggiare i commerci indipendenti, scoprire i piccoli negozi del quartiere, sostenere i piccoli produttori, favorire la vendita alla rinfusa e il commercio locale, ripopolare i mercati oppure anche reimparare a comprare solo l’essenziale. Ma è anche l’opportunità di far sapere a questi grandi supermercati che non siamo d’accordo su tutto questo impacchettamento o sulla loro politica dei prezzi che schiaccia i produttori”.

In Francia un’iniziativa di questo tipo era nata già nel 2016, sotto la spinta della giornalista Mathilde Golla. Rapidamente, con gli scandali a ripetizione in cui sono impantanati gli attori della grande distribuzione e con l’interesse crescente dei cittadini per le questioni sociali e ambientali, l’idea si è fatta sempre più popolare. Dopo aver trovato un’eco in Svizzera nel 2017, la sfida è stata estesa al 2018. Si tratta di una risposta al “periodo di eccesso di consumo del dopo Natale”, e fa onore a tutti quelli che investono in questa causa, come le cooperative di consumatori o i negozi “Zéro déchets” (1) precisa Leîla Rôlli.

Non fa niente se (non) potete arrivare fino in fondo

Secondo Leîla Rôlli, l’essenziale è partecipare entro i propri limiti, non fa niente se i partecipanti non riescono a mantenere la scommessa per tutto il mese. Infatti, impegnandosi, ognuno può testimoniare della propria sensibilità a questa problematica. “L’importante è approfittare di questa occasione per interrogarsi sui nostri principi e le nostre occasioni di consumo” precisa sul suo sito Léa Candaux Estevez, una cittadina impegnata a Neuchâtel, aggiungendo che ”non fa niente se voi sapete in anticipo che avrete bisogno di andare una, due o anche tre volte nello stesso supermercato, perché non avete altre alternative per uno o un altro prodotto che avete l’abitudine di consumare”. L’entusiasmo è palpabile con più di 20.000 partecipanti in Francia e in Svizzera nel 2018, contro meno di 1.000 in Svizzera l’anno precedente. È che “le mentalità cominciano a cambiare” si rallegra Leïla Rölli, che fa notare come l’iniziativa è sempre più trattata nel dibattito pubblico.

Nel suo appello, la giornalista preferisce anticipare certe critiche che erano state formulate l’anno passato, soprattutto il preconcetto che un tale boicottaggio metterebbe in pericolo i posti di lavoro di questi grandi supermercati. Eppure questo tipo d’azione ha poco impatto sull’economia dei supermercati. Anche se questi dovessero perdere qualche centinaio di clienti, i loro margini di guadagno, in milioni, sono sufficientemente importanti. Al contrario, un pugno di clienti in più per i negozi del quartiere porterebbe a quest’ultimi una boccata d’aria sufficiente e forse anche nuovi posti di lavoro e un rinforzo dell’economia locale.

Del resto, il principio economico sul quale si basano i supermercati è proprio l’effetto di scala che permette di impiegare un minimo di persone per una quantità di vendita più importante e così molti negozi locali possono impiegare più persone che un grande magazzino. Questo principio funziona ugualmente anche con la ristorazione veloce o i centri commerciali. L’apertura di un grande complesso di vendita significa spesso il fallimento invisibile di numerosi commercianti locali facendo allontanare i cittadini consumatori dalle vie commerciali che animano il centro della città. […]

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Traduzione di Livia Puccinelli per Comune.

Fonte: comune-info.net

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